L'ombra di colui - Parte 3

Eccomi giunto alla terza e ultima parte della lunga ma (spero) interessante  disamina, dove riporto quale possa essere l'identità di questo misterioso personaggio. La figura che meglio sembra adattarsi alla descrizione presentata è quella di Ponzio Pilato. Tale lettura fu proposta per la prima volta da E. Bambarani (Due chiose dantesche, Verona 1897), ripresa poi anche dal Pascoli. Vediamo se le considerazioni fin qui esposte si adattano a questa figura storica: prefetto in Galilea per un decennio durante il regno di TIberio, è famoso perchè fu giudice nel processo a Gesù, durante il quale si rifiutò di condannarlo (sappiamo che in seguito se ne lavò le mani), cedendo poi di fatto alle richieste dei sadducei che ne chiedevano al crocifissione. Impedire e sedare rivolte o tumulti era una sua responsabilità; ciò che fece quando si vide chiamato a giudicare il Cristo fu un valido esempio di come abbia fino all'ultimo cercato di evitare problemi molto più gravi. In Gesù, riconobbe ...

L'ombra di colui - Parte 2

In questa seconda parte del discorso,  vorrei analizzare la natura del suo rifiuto e a tal proposito occorre precisare che non è possibile rifiutare ciò che possediamo già, ma quello che ci è stato offerto. Se il verbo toscano rifiutare deriva dal latino refutare, in entrambi i casi vuol dire "respingere", "allontanare da sè". È chiaro allora come quest'anima dannata si sia sottratta a una scelta importante, si sia in qualche modo rifiutata di operare una scelta, sia venuta meno ai suoi obblighi, il tutto aggravato dalla codardia, la viltade. Tale gesto è presentato come "il rifiuto" per eccellenza, la cui natura risulta dunque molto specifica.

Questo modo di descriverlo lascia intendere che esso deve aver avuto importanti ripercussioni a livello globale, deve aver avuto conseguenze per tutta la Comunità Cristiana. Le parole scelte sembrano escludere che il suo peccato sia limitato alla singola persona, ovvero non appare come qualcosa che abbia comportato la sola dannazione dell'anima che l'ha compiuto, ma ha avuto ripercussioni gravi per più persone (e forse per più generazioni). Il giudizio su di lui è dunque molto severo: tanto per cominciare la sua identità è taciuta, in una sorta di "damnatio memoriae" (neanche a Giuda Iscariota verrà riservato tanto); il Poeta ha capito ovviamente chi sia, ma decide di non riportarne comunque il nome. La punizione assagnatagli, a lui e a quelli come lui, Angeli neutrali compresi, è molto pesante, il ché induce a pensare che la sua condotta sia stata in effetti di estrema gravità, che le conseguenze del suo rifiuto siano state molto negative per tutti.

Come si è detto, questa turba di anime è mischiata (termine dalla forte accezione negativa e carico di un forte disprezzo) agli Angeli neutrali che dimostrarono, da una parte codardia ed egoismo per non essersi voluti schierare, dall'altra l'incapacità di stabilire la differenza tra il Bene e il Male (che si configura come la capacità di giudicare). L'anima in questione non ha saputo dimostrare capacità di giudizio, perchè offuscata dalla codardia. I pusillanimi inseguono, senza poterla raggiungere, un'insegna che si muove molto velocemente; essa non può essere la Croce, giacchè il temine stesso rimanda a qualcosa di specifico: un vessillo o uno stendardo, ovvero un simbolo di tipo militare (o politico) e può quindi essere identificato con l'insegna per eccellenza, a cui Dante avrebbe potuto riferirsi, ovvero l'Aquila Imperiale. Simbolo del potere temporale e politico, rappresenta il corpus di leggi di cui gli uomini si sono dotati al fine di garantire ordine e giustizia, e tutti i cittadini sono tenuti a seguirlo e a rispettarlo, comuni e coloro che ricoprono cariche pubbliche. Rappresenta la Giustizia in Terra e gli uomini che vogliono amministrarla è a esso che si devono rifare, senza lasciare che la paura offuschi il loro giudizio. L'ombra di "colui che fece per viltade il gran rifiuto" è probabilmente un funzionario pubblico, con incarichi di giudice che, chiamato e fare il proprio dovere (cioè di redimere una controversia) abbia deciso, per paura di subire ritorsioni alla propria persona, di astenersi dal pronunciare un giudizio definitivo (come ci si aspetterebbe da coloro che in Terra sono chiamati ad amministrare la Giustizia). A tal proposito si faccia riferimento al discorso dell'Aquila nel Cielo di Giove. Come già detto, la sua condotta deve aver avuto ripercussioni gravi e che hanno riguardato l'intera Comunità, sia per via del fatto che egli era un funzionario pubblico, sia per l'importanza della disputa che era stato chiamato a chiarire.

Se avrete la pazienza di leggere anche il terzo e ultimo post, avrete modo di comporendere le conclusioni alle quali sono arrivato.

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