I guardiani dell'Inferno
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Accanto alle anime dei dannati, Dante colloca mostri e personaggi presi in larga misura dalla mitologia greca, quando non da resoconti biblici. Simili storture trovano posto così solo all'Inferno, essendo portatori di deformità, malvagità e altre caratteristiche che li allontanano da grazia e perfezione.
La loro disposizione non è casuale né, per così dire, senza uno scopo. Dante non si limita a relegare questi abomini nel luogo più lontano da Dio, ma assegna loro un posto e una mansione consoni alla natura di ciascuno. In generale, dunque, essi hanno uno specifico compito, al quale certo non possono sottrarsi: devono fare da guardiani. Hanno il compito di assicurarsi che le anime non si spostino da un luogo all'altro, ove la conformazione stessa del luogo non sia già di per sé un impedimento. Bloccano altresì i vivi che vogliono transitare per il Regno dei morti: si noti infatti che si oppongono sempre al passaggio di Dante. Guardando la cosa da questo punto di vista, risulta chiaro che ogni cerchio ha un proprio guardiano che, non solo svolge il compito a esso assegnato, ma in un certo qual modo rappresenta la natura del peccato che è lì punito.
Eccezion fatta per la buia campagna dei codardi e il limbo, non appena facciamo il nostro ingresso all'Inferno, ovvero al II° cerchio, troviamo il primo guardiano nella figura di Minosse. Le espressioni che Dante usa per descriverne l'atteggiamento fanno di lui un essere più animalesco che umano, anticipando il fatto che nei cerchi a seguire siano puniti peccatori assimilabili a bestie: gli incontinenti.
A guardia del III° cerchio, dove scontano la loro pena i golosi, si incontra Cerbero, il cane a tre teste; ancora una volta un animale. Esso rappresenta il peccato della gola con le sue tre fauci e con il suo appetito insaziabile. I dannati sono paragonati a porci immersi nel fango e di essi si dice che urlino come cani, sotto le torture che Cerbero infligge loro.
Segue Pluto al IV° cerchio, definito "maladetto lupo", è il simbolo dell'avidità e in generale dell'insano rapporto con il denaro e le ricchezze materiali.
Al cerchio degli iracondi (dove vengono puniti anche gli accidiosi), il V°, troviamo il demone Flegiàs, nocchiero della palude Stigia.
Sugli spalti delle infuocate mura di Dite, al limitare del cerchio degli eretici, Dante colloca un piccolo esercito. Il generale in comando è la Gorgone, Medusa, essere demoniaco di natura femminile; gli ufficiali sottoposti sono le tre furie, altri esseri di natura femminile e infine la milizia è rappresentata dai diavoli.
Scendendo ancora, incontriamo il Minotauro, simbolo della violenza, a guardia del VII° cerchio; i Centauri sorvegliano il I° girone (violenti contro il prossimo), le Arpie il II° girone (violenti contro se stessi). A sorvegliare il III° girone, Dante non pone nessuno.
Gerione è posto all'ingresso dell'VIII° cerchio; mostro mitologico che qui diviene simbolo della frode, dell'inganno perpetrato a danno di coloro che, come Dante stesso afferma, non si fidano.
L'ultimo cerchio, il IX°, è guardato dai Giganti, simbolo della ribellione a Dio e dunque posti al limitare del cerchio in cui vengono puniti i traditori in senso stretto. Per estensione, tale peccato è associato alla superbia.
In fondo, nel punto più basso di tutto l'Inferno, si annida Lucifero, essere dalle fattezze orribili, nel cui aspetto si possono ritrovare le caratteristiche fisiche già viste in ciascun altro guardiano. Abbiamo le tre facce di Cerbero, le ali del drago Caco, è un verme allungato come Gerione, è coperto di peli e così via. Insomma è la sintesi stessa di ogni altra stortura incontrata separatamente in altre zone dell'Inferno.
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