L'ombra di colui - Parte 1
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Il post che sto pubblicando è l'analisi di un passaggio della Divina Commedia, tanto famoso quanto enigmatico:
Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l'ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto.
Inf. IIII, vv. 58-60
analisi che ho deciso di dividere in tre parti, per via della sua complessità. Chiedo quindi ai miei gentili lettori di avere la pazienza di seguirmi. Al termine dei post, sarà chiaro il punto di vista che voglio esporre.
A lungo si è dibattuto su chi possa essere il personaggio a cui Dante allude in questi famosi e altrettanto oscuri versi. Nonostante le numerose analisi condotte nel corso degli anni, e i possibili candidati proposti, il dubbio sembra persistere. A tutt'oggi non è stata ancora proposta una soluzione all'enigma che sia in grado di mettere tutti d'accordo. È mia intenzione presentare l'ipotesi che più mi ha convinto, senza avanzare la pretesa di sciogliere definitivamente il nodo della questione. A tal proposito cercherò di desumere dal testo i principali indizi che possano condurre a una possibile identificazione.
Virgilio, nell'indicare la schiera dei pusillanimi nel Vestibolo, li descrive come coloro che in vita non si distinsero, non meritarono nè infamia nè lode, preferendo badare agli interessi personali (anteponendoli a quelli della Comunità). Della stessa schiera fanno parte gli Angeli neutrali, primo esempio di chi se ne è stato a guardare, mentre veniva messa in atto la rivolta degli Angeli ribelli. Di tutti costoro, il Mondo, cioè le generazioni future, non si ricorda, la loro memoria è persa (e sappiamo in Dante quanto fosse importante garantirsi fama imperitura presso le generazioni a venire). Nessuno li vuole più: nè i Cieli, perchè vedrebbero offuscata la loro bellezza, nè l'Inferno profondo, altrimenti i dannati, di fronte alla loro misera condizione, si sentirebbero meno afflitti, trarrebbero cioè parziale sollievo alle loro pene. La guida quindi li sdegna a tal punto da indurre il Poeta a fare altrettanto, dicendogli di limitarsi a guardarli con distacco. Dante così sembra passarli in rassegna, guardandoli con profondo disprezzo e si rende conto di ciò che è la loro punizione: sono numerosissimi, nudi e costretti a correre senza sosta dietro un'insegna velocissima, stimolati da insetti molesti che li pungono, facendoli sanguinare e il sangue, che riga loro il volto, cade a terra a nutrire disgustosi e vastidiosi vermi. Nell'osservarli, Dante ne scorge qualcuno che già conosceva quando era in vita (dunque la loro memoria non è del tutto persa) e in più ne identifica uno in particolare, dicendo che fece per viltade il gran rifiuto.
A questo punto è doverosa una precisazione: quando si riferisce a coloro di cui dice: "ne riconobbi", si sta riferendo a individui che egli ha incontrato e conosciuto quando erano in vita, quindi suoi contemporanei; quando dice "vidi e conobbi" si riferisce a un personaggio di cui aveva visto le fattezze (in un ritratto o in una rappresentazione) ma che non aveva mai incontrato di persona in vita. Ne scorge ora l'ombra per la prima volta e immediatamente lo associa all'immagine (ritratto o effige) vista in precedenti occasioni. Ponendo così la questione, si può supporre con ragionevole certezza che i primi li abbia incontrati in vita, il secondo lo abbia solo visto in qualche riproduzione o ritratto. Mi viene da escludere che sia stato Virgilio a rivelargli la sua identità: sarebbe stato detto o descritto, così come avviene in altre occasioni: nel Limbo, nel II cerchio o altrove. La stessa cosa accade ad esempio con Giulio Cesare: non è Virgilio a mostrargli il personaggio storico, è Dante a identificarlo dal taglio dello sguardo, questo perchè statue e rappresentazioni dell'antico condottiero erano piuttosto famose e diffuse.
Rimando a questo punto il proseguo della discussione al prossimo post.
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